Ivan Vazov (1850-1921) è indubbiamente il maggiore esponente della letteratura bulgara nel periodo successivo all’indipendenza nazionale (1878) nonché il migliore scrittore bulgaro in assoluto. Egli iniziò la sua carriera nel 1872, svolgendo nel nuovo clima liberale un’intensa attività letteraria e pubblica. Dalla sua penna uscì ogni tipo di genere (novella, romanzo, lirica, epica, pubblicistica, drammatica) con temi che trattavano sì di patriottismo, ma che si basavano soprattutto sull’umanità dei sentimenti più nascosti e personali. Grazie alle sue opere, dai grandi valori artistici intrinseci, si iniziarono a scoprire nuovi orizzonti culturali, prima sconosciuti.
Il suo romanzo più famoso è Sotto il giogo, dove descrive com’era la vita in Bulgaria durante gli ultimi anni di oppressione e soprattutto nell’aprile 1876, quando avvenne l’insurrezione. Altri lavori degni di nota, che lo portarono alla fama, sono i suoi racconti, specialmente Nonno Joco guarda, pezzi teatrali, come la commedia I cacciatori di impiego, e i versi lirici ed epici, dalla cui fusione scrisse Epopea dei dimenticati, dedicato alle più importanti figure del risorgimento nazionale.
Tra gli altri scrittori appartenenti all’epoca di Vazov, e a quella appena successiva, si possono citare:
- Valentin Velichkov (1856-1907) autore di poesie sentimentali, prose di stampo memorialistico, romanzi, novelle e drammi.
- Zahari Stojanov (1851-1889) scrisse le Memorie sulle insurrezioni bulgare in tre volumi.
- Todor G. Vlajkov (detto Veselin, 1865-1943) e Mihalaki Georgiev (1854-1916) descrissero la vita e le ambientazioni bulgare viste con occhi populistici russi.
- Stojan Mihajlovski (1858-1927) noto pubblicista, satirico e moraleggiante.
- Aleko Konstantinov (1863-1897) divenne famoso grazie ai suoi bozzetti umoristici intitolati Baj Ganju, dove racconta le esilaranti esperienze di un bulgaro ancora arretrato cercare di cavarsela nella vita frenetica delle grandi città europee.
In Bulgaria, verso la fine del XIX secolo, le correnti innovatrici furono pronte a lasciare la loro tipica tendenza nazionalistica fondata sull’utilitarismo patriottico per seguire i nuovi movimenti neoromantici e di stampo decisamente moderno che si respiravano in tutta Europa. Questo nuovo genere estetico, iniziato da Krastjo Krastev (1861-1919) con i suoi lavori critici, vide in Pencho Slavejkov (1866-1912) l’interprete più sensibile che, nonostante in un certo qual modo rimanesse legato alle sue tradizioni popolari, attingeva dalle influenze provenienti da ogni parte d’Europa, e cioè dalla Germania, dall’Italia, dalla Polonia. Si caratterizzò per il suo stile raffinato e le forme armoniose, ben evidenti nelle sue raccolte liriche come Lacrime di fanciulla, Sogni e Sogno di felicità, oltre ai suoi lavori epici, di grande stampo nietzschiano, come Canti epici, Nell'isola dei beati, Rauca, Bojko e Canto insanguinato. Quest’ultimo lavoro, un poema che si svolge durante la rivoluzione del 1876, rimase incompiuto a causa della morte improvvisa dell’autore.
Anche Petko Todorov (1879-1926), come Pencho Slavejkov, inseguiva il sogno di affermarsi in tutta Europa grazie ai suoi bucolici bozzetti e le fantasiose scene degli Idilli, ricche di misteriosi sensi simbolici. La sua opera teatrale più apprezzata fu I muratori, che racconta di storie d’amore tragiche e delle lotte sul finire del XVIII secolo, mescolate alle usanze folkloristiche tipiche bulgare. Dopo che Ljuben Karavelov, Ivan Vazov e i loro successori ebbero aperto la strada alla tradizione realistica, i prosatori di inizio Novecento si dedicarono a curare la forma e ad allargare i propri interessi andando oltre quelli prettamente patriottici, affrontando i problemi sociali e rielaborando le scoperte fatte da Pencho Slavejkov adattandole alla nuova situazione.
Tra gli altri si citano: Tzanko Bakalov detto Tzerkovski (1869-1926), che nei suoi romanzi come Dalle pieghe del cuore, nei versi delle Canzoni delle Campagne, nei racconti e nei drammi approfondì l’aspetto psicologico della gente semplice delle campagne. Anton Strashimirov (1873-1932), che si concentrò invece sulla vita contemporanea in Bulgaria, nelle città e nelle campagne. Tra le sue numerose opere troviamo Riso e lacrime, Giorni d’autunno, Crocevia, Il ponte sospeso e Bena. E poi anche Jordan Jovkov (1384-1937), che raccontò la vita e i costumi bulgari, trattando sia elementi sociali che stilistici soprattutto nei racconti contenuti nei volumi Serate alla locanda di Antimov e Leggende di Stara Planina, o nei romanzi Il mietitore e Il fondo presso la frontiera, o ancora nei drammi Albena, Il milionario, Borjana e Un uomo comune.
L’ultimo scrittore ad aver chiuso il ciclo di fusione della tradizione di Ivan Vazov con quella di Pencho Slavejkov fu Dimitar Ivanov (che si firmava: Elin-Pelin), 1866-1949. I suoi bozzetti e i suoi racconti furono amati moltissimo sia dalla critica che dal pubblico. Due delle sue opere migliori sono i racconti I Geraci (dove tratta i problemi psicologici e sociali) e Terra (in cui racconta la voglia di possedere del terreno da parte di un giovane contadino).
Nel Novecento, le correnti anticonvenzionali e rivoluzionarie, arrivarono anche in Bulgaria. La voglia di lasciarsi alle spalle i vecchi ideali patriottici si respirava anche nelle opere degli scrittori. Primo su tutti il poeta Kiril Hristov (1875-1944), che raccontava la gioia di vivere e le importanti imprese compiute da ogni singolo individuo; c’erano poi Peju Javorov (1877-1914), che raccontava in modo drammatico la lotta tra gli ideali e le reali esigenze di vita, usando dei versi che a seconda della necessità erano presagi disfattisti, profezie rivoluzionarie e pensieri scioccanti; e Dimcho Debeljanov (1987-1916) più attento al fatto che le sue poesie suonassero in modo melodioso.
A cavallo delle due guerre mondiali, ci furono autori che svilupparono queste correnti come ad esempio Teodor Trajanov (1882-1945), Nikolaj Liliev (1885-1960), Emanuil Pop-Dimitrov (1885-1943) Elisaveta Bagrjana (pseudonimo di E. Beléeva, 1893-1991). Oltre a loro, una serie di poeti di sinistra iniziò a trattare nuovi temi, rivoluzionari e proletari.
Questi scrittori avevano in Vladimir Majakovskij, uno scrittore russo che usava forme futuristiche, un modello da seguire e a cui fare riferimento. Tra di loro si citano Hristo Jasenov (pseudonimo di H. Tudzarov, 1589-1925), Geo Milev (1895-1925) che scrisse il poema Settembre, Hristo Smirnenski (1898-1923), e per ultimo Nikola Jonkov-Vaptzarov (1909-1942), che raccontava della rivoluzione socialista e come la nuova società avesse un nuovo obiettivo, il progresso tecnico.