La Bulgaria sotto il regime comunista
Il novembre del 1945 vide i comunisti salire al potere in Bulgaria: le elezioni, vinte dal Fronte della Patria, diedero loro la possibilità di prendere il controllo della rinnovata Assemblea Nazionale. Georgi Dimitrov diresse i lavori di stesura di una nuova costituzione, che seguiva la linea di quella sovietica. Il referendum del 1946 porto all'abolizione della Monarchia bulgara ed all'esilio dei reali, il 15 settembre 1946 venne proclamata la Repubblica Popolare di Bulgaria.
Con il dopoguerra venne imposta l'industrializzazione e la collettivizzazione delle terre agricole, e i traditori (o sospettati tali), chiamati “traditori della classe”, vennero eliminati dal regime di Stalin (la maggior parte delle volte con processi pubblici, pratica che riscuoteva enorme successo tra il popolo). A Dimitrov succedette Valko Chervenkov, soprannominato “Piccolo Stalin” a causa della sua ferrea lealtà al regime sovietico. Nel 1948-49, il Partito vietò tutte le attività religiose e le organizzazioni, e sotto Vulko oltre 90 000 dissidenti vennero cancellati attraverso espulsioni, arresti e uccisioni.
Nel 1950 arrivò una politica un po 'più rilassata, soprattutto a causa della morte di Stalin nel 1953 e la perdita da parte di Chervenkov nelle elezioni a favore del partito di Todor Zhivkov nel 1951. In cambio della lealtà manifestata al partito ai cittadini venne assicurato un lavoro, cibo a sufficienza, istruzione, sanità e la reputazione di uno dei più prosperi paesi dell'Est Europa. Coloro che non aderirono alle politiche rigorose dei sovietici furono comunque lasciati ai margini della società. Todor Zhivkov, fu segretario del Partito Comunista bulgaro dal 1954 al 1989: l'URSS proteggeva lo Stato bulgaro, fornendo materie prime ed altri beni a prezzi bassi. L'altra faccia della medaglia, però, fu l'implacabilità dei servizi segreti bulgari, che perseguitavano i presunti “traditori” anche al di fuori dei confini. Un nome su tuttim Dirhavna Sigurnost, come veniva chiamata la forza di sicurezza dello Stato, il cui nome è stato collegato all'uccisione dello scrittore dissidente Georgi Markov, avvenuto a Londra nel 1978, e al possibile complotto per assassinare il Papa polacco, Giovanni Paolo II.
Con Zhivkov, il nazionalismo socialista bulgaro crebbe in importanza, con molti monumenti eretti in memoria degli eroi della storia bulgara (parliamo ovviamente dei contribuito a portare il paese al suo successo comunista). I gruppi minoritari come i rom (zingari) e le popolazioni turche non vennero così glorificate, e infatti vennero sistematicamente emarginate, negato l'accesso ai servizi di base e costretti a rinunciare ai propri nomi a favore di quelli bulgari. Coloro che si rifiutavano di farlo vennero ulteriormente emarginati o anche inviati nei campi di concentramento. Nel corso degli anni '80, sulla scia del nazionalismo, si ebbero tumulti ed emigrazioni di massa da parte dei turchi residenti in Bulgaria.
Verso la fine degli anni 1980 la voce dei gruppi politici dissidenti si fece sentire sempre più, questo portò alle massicce manifestazioni anti-governative del 1989 che costrinsero alle dimissioni Zhivkov dal BCP il 10 novembre 1989, il giorno dopo la caduta del muro di Berlino. Zhivkov è stato il primo ex-leader comunista ad essere ufficialmente processato e condannato con l'accusa di corruzione e istigazione alla conflittualità etnica. Sotto la nuova leadership di Petar Mladenov, il Partito comunista bulgaro cambiò il nome in Partito Socialista Bulgaro (BSP) e Andrei Lukanov è divenne Primo Ministro.